Kafraghas richiuse seccato l’ennesimo passaggio sotterraneo che avrebbe dovuto portarlo al secondo livello delle fogne. Stava girando da ore, dopo la fuga, alla ricerca di un modo per lasciare quella cittadina che sembrava in perenne stato d’assedio, ma niente.
Stu baliv nun serv a manc o’ cazz
Non funzionava nulla lì sotto, anni di incuria avevano lasciato che il secondo livello si allagasse, l’aveva intuito dallo spesso strato di ruggine ed il continuo rumore di tubi interrotti a cui erano sensibili le sue orecchie elfiche.
Nonostante la leggerezza della sua struttura, l’umidità dell’aria lo portava spesso ad ansimare, camminare diventava una sorta di trascinarsi avanti con qualcuno sulle spalle. Se non altro aveva recuperato un arco, la relativa faretra ed un paio di daghe che lo facevano sentire al sicuro, per questo prese la decisione di indagare su degli strani rumori provenienti al di là di una parete, diversi dal solito.
Posò i polpastrelli sul mattone limaccioso del muro cominciando a proseguire per il corridoio illuminato solo dalle sue iridi ed una piccola fiammella, giunse ad un’intersezione che l’obbligava necessariamente a girare verso il lato opposto alla sua destinazione. Sbuffò, poi calò lo sguardo e vide l’ennesimo di quei passaggi allagati. L’elfo sospirò e poi scrollò le spalle, posò la candela e con non poco sforzo aprì la botola - con un’imprecazione, come ogni dannata botola come quella - Recuperò la sua fonte di luce che portò davanti al naso, cominciando a fissarla intensamente per alcuni minuti prima di spegnerla. Stavolta però non fu inglobato dal buio, l’infravisione persisteva ma l’elfo sapeva che non sarebbe durata in eterno, quindi si assicurò giubba, scarsella ed arco e si tuffò in quell’acqua verdognola.
Il secondo livello scorreva sotto di lui come se stesse volando, doveva essere alto almeno una decina di metri con l’acqua che lo riempiva per intero, arrivato però alla fine dell’angusto corridoio in cui si era immerso, l’elfo si ritrovò in una sorta di ampio pozzo che in passato, probabilmente, fungeva da magazzino. Il verde che permeava tutto amalgamava le forme, confondendo la percezione della profondità. Kafraghas si diede una mossa dato che da un lato il contorno della visuale cominciava a diventare più scuro, dall’altro l’aria nei polmoni non era eterna.
Scandagliando per poco il soffitto sotto il quale galleggiava, riuscì a distinguere un’altra di quelle botole. Si avvicinò aggrappandosi al cornicione e cominciando a spingere con le spalle, ma ad ogni colpo tendeva a scivolare verso il basso.
Mannagg a Jeppson
Prima che lo sconforto potesse assalirlo, calò lo sguardo su alcuni rottami nei pressi del pozzo, distinguendone delle assi di ferro. L’elfo si immerse come un’anguilla, andando ad afferrare con ambo le mani una di quelle spranghe, puntò i piedi sul bordo di quel pozzo apparentemente senza fondo e ne sfilò una. Ne seguì un lungo rombo e tutta una pila di spazzatura che placidamente crollò nel pozzo, dando il tempo a Kafraghas di scansarsi risalendo.
Piantò l’asta incastrandola in una piccola frattura del bordo cominciando a fare leva, man mano ne spingeva sempre un po’ dentro. Doveva tentare e ritentare ma fortunatamente di aria ne aveva ancora, il problema era la visuale il cui bordo diventava sempre più spesso e nero, come se vedesse attraverso una feritoia. La botola faceva rumore, sebbene sott’acqua, ma dopo il decimo, dodicesimo clangore, ne seguì un ulteriore rumore metallico ed infine un rombo che diventava sempre più assordante. Il cuore dell’elfo cominciò a battere all’impazzata, spingendolo ad affrettarsi per aprire quella dannata botola, ma la fretta non fece altro che fargli scivolare la spranga dalle mani. Preso dalla stizza, diede un pugno alla botola di ferro e si spinse giù per recuperare la spranga, quando si voltò verso il pozzo vide due occhi rossi e luminescenti che si avvicinavano come inseguiti da quel rombo. Pochi secondi ed un’essere subacqueo enorme gli si parò davanti: File di denti aguzzi, muso appuntito, una pinna sul dorso simile ad una bardica. Aveva legate alle pinne laterali delle corde che gli stringevano tutto il corpo su cui era assicurata una grossa striscia di tessuto. Quei materiali che lo avvolgevano erano logori, ed in parte tenevano sempre aperte alcune ferite della creatura, come se questa avesse invano tentato di liberarsi.
Kafraghas con un colpo di gambe si fece indietro trovandosi il ventre del morso che gli scorreva davanti: Aveva degli strani segni sul muso, fatti come di una vernice
Ma è nu pizzett a finanziere?
Dopodiché si rivelò la scritta su quello striscione “ah ah ah Pasqualo ah ah ah”
Pashqualo?
L’enorme pesce ruotò prima del soffitto e tornò a puntare Kafraghas colmo di un’ira antica, riprendendo a caricarlo a fauci spalancate. L’elfo vide arrivare davanti a quel po’ di vista che gli era rimasta un gigantesco pozzo di denti che gli occupava tutto il cono visivo, con un colpo di gambe riuscì a scansarlo, sebbene lo sforzo gli costò parecchia aria e fatica. Pasqualo dal canto suo era perfettamente a suo agio in quell’acqua, con un rapido colpo di coda tornò a posare i suoi occhi mostruosi sull’elfo che provava a raggiungere disperatamente la botola ma aveva calcolato male i tempi: Prima ancora che fosse nemmeno a tre metri dal portoncino di ferro, Pasqualo aveva già macinato acqua e distanza, roteando su di un lato per poterlo afferrare meglio. D’istinto, Kafraghas inclinò orizzontalmente la sbarra di ferro incastrandola fra le fauci del mostro.
Aeeeeeh o’ cazz mo’
Pasqualo cominciò ad agitarsi in maniera forsennata poi riprese a correre, l’elfo stringeva i denti sbirciando da quella finestrella che era rimasta di cono visivo mentre il corpo dava segni di cedimento per via della mancanza di ossigeno. Kafraghas raccolse le ultime forze e dalla posizione dov’era - Coi piedi puntati sull’angolo destro della bocca - Passò al lato opposto, il pesce diede uno strattone e poi riprese a girare in tondo verso quel lato dove sentiva i piedi dell’elfo.
Accussì eh?, Sant’Antonj, San Pascal, San Giuann, San Ciccij, Maronn e Marunnell, mannatamell bbon.
La povera esca elfica svuotò i polmoni per puntare il naso dello squalo, questi virò nuovamente e prese a nuotare più forte verso l’alto, Kafraghas riuscì per poco a sbirciare la botola prima del buio totale, arrivando a scansarsi di lato facendo infrangere il pesce contro il soffitto, sfondandolo. Al buio seguì il rumore del crollo, sentì le dita che uscirono dal pelo dell’acqua ed il corpo lo spinse ad inspirare per recuperare ossigeno, facendogli perdere i sensi.