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Ciao a tutti! Questo sarà un post in evidenza che aggiornerò man mano che il Romanzo FantaSì verrà composto. Prima di iniziare volevo in...

sabato 16 marzo 2019

Capitolo 3: Il Villaggio di Khaywan - PARTE 4



Palindor si passò una mano sul volto, aveva occhiaie livide come sacche di sangue. Posò nuovamente lo sguardo sui due soldati espirando di getto come a sgonfiarsi.

- Nessuno vi crede che l’elfo sia scappato da solo

Jonas si sporse in avanti, le catene ai polsi tenuti dietro ai reni gli impedivano di poggiarsi al tavolo.

- Nessuno ha idea di cosa sia capace un elfo!

Artan era nella stessa situazione dell’amico, invece dei polsi, però, aveva gli avambracci legati con più cinghie. Evitava di guardare i due, volgendo lo sguardo di lato e borbottando a mezzabocca, poco udibile.

- Mortacci sua st’erfo demmerda ma n’do cazz s’è ficcato, li mortacci de li mortacci

Il boia fece il suo ingresso. Un uomo alto, atletico con dei lineamenti poco marcati e regolari, seguito da due servi che trasportavano un baule cigolante.

- Bentrovati signori - Il nuovo giunto allargò un sorriso che voleva essere rassicurante

- Di già? - Palindor si alzò di scatto puntando lo sguardo verso il boia
- Di già - L’uomo rispose al capitano annuendo leggermente, con tono pacato

Artan e Jonas incrociarono gli sguardi, poi risuonò la voce della guardia - Non è stata ancora inferta nessuna condanna dal tribunale, non c’è motivo per cui voi interveniate

Il boia scrollò le spalle - Non c’è bisogno del tribunale, è un’ordinanza diretta del balivo

Palindor restò un attimo sospeso, fu scosso solo dal rumore metallico causato dai servi che lasciarono quasi cadere il baule sul pavimento - C.. Capisco - Con le lettere strozzate in gola, filò spedito oltre l’uscita.

Il cassone si schiuse come un’ostrica rivelando una struttura che andava sollevandosi verso l’alto. La luce illuminò del metallo scintillante che prese forma nelle pupille dei prigionieri come ganci e lame, il boia osservava il tutto con un sorrisetto a labbra serrate e l’espressione soddisfatta.
Si avvicinò per primo ad Artan e gli scoprì il torace per osservarlo, studiò a lungo il petto possente e le cicatrici che lo adornavano soffermandosi assorto sul moncherino. Prese un coltello seghettato ed arrugginito che cozzava in aspetto con quello stile forzosamente pulito che tentava di mantenere come una maschera, Jonas cominciò ad agitarsi e si vide il coltello puntato di scatto davanti al naso. Il boia era estremamente veloce e per la prima volta appariva realmente pericoloso, il barbaro dal canto suo lanciò uno sguardo d’intesa al compagno che ricambiò, la cosa non sfuggì al carceriere che diresse nuovamente l’attenzione al primo, incontrando uno sguardo di sufficienza.

- Figlio di p…! - Jonas provò nuovamente a reagire ma un servo lo zittì con un pugno nell’addome, all’altezza del fegato.

- Ma statte zitto a Jò! - Sbottò Artan - Tanto ‘sto cojone manco er formaggio ce taglia -

Il boia ascoltò l’uomo legato che aveva davanti con l’espressione assorta di chi sta soppesando qualche pensiero, o al contrario sta vuotando la mente. Jonas strattonò con la spalla ma fu raggelato dallo sguardo severo del superiore che pareva temere più dei loro carcerieri.

- Il tuo uomo non è capace di tenersi a freno. Che gli tolgo prima? I tendini o la lingua?

Il barbaro sbuffò dalle narici come un toro - Jonas ‘un serve a gniente, se voi l’erfo t’o’ do io, te basto io - Il boia ascoltò puntellandosi un polpastrello con la punta del pugnale, sollevò le sopracciglia e soffiò le parole:
- Ti credo e non ti credo
Uno dei servi afferrò Artan per il collo in modo da bloccarlo, il torturatore si mosse di qualche passo e puntò l’arma sulla pelle del pettorale, sotto la clavicola.

- Voi mi direte dov’è l’elfo, questo è poco ma sicuro, però… - Il boia allargò un mezzo sorriso, scoprendo un canino con aria ferina - Non subito, non c’è fretta

La lama penetrò con estrema fatica nella carne del barbaro, non aveva quasi filo e tendeva più a lacerare che a tagliare propriamente, una volta dentro, il boia rigirò la punta verso il basso cominciando a segare con dei movimenti calmi e regolari mentre man mano che procedeva, un servo giusto di fianco a loro, provvedeva a pulire il sangue con uno straccio per evitare di far perdere la presa dell’elsa al proprio padrone.

Davanti agli occhi di Jonas la pelle dell’amico si lacerava lentamente intorno al capezzolo fino a quando il macellaio non cominciò a strapparlo via con un gancio. Gli occhi azzurri del soldato cominciarono a bagnarsi di lacrime di paura e rabbia. L’espressione del boia durante l’operazione era goduriosa ma sfumò nella sorpresa a vedere il volto del barbaro: Era immobile, freddo, con un sorriso di sfida, il dolore era tradito soltanto dalle gote arrossate ed una vena pulsante alla tempia, poi le parole: - So’ stato co’ na mignotta che m’ha fatto de peggio.

Il boia inspirò profondamente senza dir nulla, poi annuì un paio di volte, scrollò le spalle con noncuranza e si fece porgere una sorta di asticella metallica che Jonas associò mentalmente ad un grimaldello.

- La musica - Mormorò soltanto il carceriere avvicinandosi nuovamente al ferito.

Il servo che prima teneva Artan per il collo mollò la presa, al boia uscì una risatina - Se ti muovi puoi morirci, quindi se proprio vuoi evitare problemi puoi parlare, oppure mettere fine a tutto assecondandomi e morendo, tanto c’è ancora il tuo amico - Ma entrambe le espressioni dei prigionieri erano perplesse, non erano avvezzi a quel genere di trattamento in nessuno dei ruoli e quel ferretto con le punte seghettate gli causava più curiosità che timore vero e proprio.

- Noi non sappiamo dov’è l’elfo, e seppure lo sapessimo non ci lascereste in vita, non dopo questo! -

Il boia si fermò e si volse a Jonas con espressione candida - Non c’è niente di illegale, la nostra cittadina è in stato d’assedio dichiarato ed il balivo ha istituito la legge marziale, se voi muoveste qualche accusa nei nostri riguardi sappiate che vi abbiamo trattati come collaborazionisti umani dei goblin, non sareste i primi, e finireste anche davanti al tribunale capitale. Quindi vi conviene sorridere, annuire e baciarmi il culo finché mi gira, voi mi direte dov’è quell’elfo, io mi divertirò un po’ con voi senza calcare troppo la mano ed alla fine ve ne tornerete a casa con qualche cicatrice su cui inventare una storia eroica.

Jonas si fece paonazzo, ma prima di sbottare qualcosa fu il vocione di Artan a prendere il boia in contropiede - Ma come te credi forte a zì, damme er tempo che er culo to’ metto n’faccia.

Il boia sobbalzò tenendo sempre l’attenzione centrata sul barbaro, si avvicinò di scatto e gli diede un pugno per poi maledire la propria impulsività agitando la mano indolenzita ed infilandosi un guanto di ferro borbottando - Questo dovevo indossarlo prima!

Annuì ad un servo che tappò il naso del prigioniero fino a costringerlo ad aprire la bocca per respirare, a quel punto il boia afferrò la mandibola dell’uomo con la mano ferrata, rendendo inutile il morso. Come una piuma fece volteggiare la punta dell’attrezzo davanti agli occhi del malcapitato facendogli notare altri dettagli: Era circondato da minuscole molle estremamente sottili che erano intervallate da giunture, sul manico era possibile intravedere svariate levette. Il boia infilò lo strumento in una narice dell’uomo e con la pressione di una levetta causò l’uscita di un ago che gli trapassò la cartilagine, rilasciò il dito e l’ago tornò nuovamente al proprio posto, cominciando ad insinuarsi nella cavità all’interno del setto nasale.

- Mi raccomando, non muoverti, ed occhio a non soffocare con il tuo sangue

Una nuova uscì dalle fauci del boia che prese a girare e rigirare il ferretto, tirare e rilasciare leve con dei suoni di molle ovattati dalla carne. Artan non emise un suono ma le sue spalle avevano scatti simili alle convulsioni, il sangue scorreva copioso dalle narici e faticava palesemente anche a respirare, intervallando una tosse insistente che cercava inutilmente di domare. Jonas era davanti all’amico pietrificato, entrambi incrociarono lo sguardo e vide gli occhi del barbaro con le pupille strettissime che cominciavano a lacrimare sangue e scoppiò di riflesso in un pianto disperato.

- Artan basta! Falla finita! Per forza il gradasso devi fare! Siamo soldati e siamo pronti a morire, ma non questo! È finita amico mio, ti prego… -

Un corno diede l’allarme generale, pochi secondi dopo un soldato di Khaywan fece irruzione nella cella sbraitando contro il boia - Signore! Presto deve correre dal balivo, è urgente!

Il macellaio si bloccò innervosito voltando il capo, estraendo l’attrezzo di tortura in malo modo - Che succede ora!

- Ci attaccano, e non ne sono mai stati così tanti!

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