Palindor si passò una mano sul volto, aveva occhiaie livide come sacche di
sangue. Posò nuovamente lo sguardo sui due soldati espirando di getto come a
sgonfiarsi.
- Nessuno vi crede che l’elfo sia scappato da solo
Jonas si sporse in avanti, le catene ai polsi tenuti dietro ai reni gli
impedivano di poggiarsi al tavolo.
- Nessuno ha idea di cosa sia capace un elfo!
Artan era nella stessa situazione dell’amico, invece dei polsi, però, aveva
gli avambracci legati con più cinghie. Evitava di guardare i due, volgendo lo
sguardo di lato e borbottando a mezzabocca, poco udibile.
- Mortacci sua st’erfo demmerda ma n’do cazz s’è ficcato, li mortacci de
li mortacci
Il boia fece il suo ingresso. Un uomo alto, atletico con dei lineamenti
poco marcati e regolari, seguito da due servi che trasportavano un baule
cigolante.
- Bentrovati signori - Il nuovo giunto allargò un sorriso che voleva
essere rassicurante
- Di già? - Palindor si alzò di scatto puntando lo sguardo verso il
boia
- Di già - L’uomo rispose al capitano annuendo leggermente, con tono
pacato
Artan e Jonas incrociarono gli sguardi, poi risuonò la voce della guardia -
Non è stata ancora inferta nessuna condanna dal tribunale, non c’è motivo per
cui voi interveniate
Il boia scrollò le spalle - Non c’è bisogno del tribunale, è un’ordinanza diretta del balivo
Palindor restò un attimo sospeso, fu scosso solo dal rumore metallico
causato dai servi che lasciarono quasi cadere il baule sul pavimento - C..
Capisco - Con le lettere strozzate in gola, filò spedito oltre l’uscita.
Il cassone si schiuse come un’ostrica rivelando una struttura che andava
sollevandosi verso l’alto. La luce illuminò del metallo scintillante che prese
forma nelle pupille dei prigionieri come ganci e lame, il boia osservava il
tutto con un sorrisetto a labbra serrate e l’espressione soddisfatta.
Si avvicinò per primo ad Artan e gli scoprì il torace per osservarlo,
studiò a lungo il petto possente e le cicatrici che lo adornavano soffermandosi
assorto sul moncherino. Prese un coltello seghettato ed arrugginito che cozzava
in aspetto con quello stile forzosamente pulito che tentava di mantenere come
una maschera, Jonas cominciò ad agitarsi e si vide il coltello puntato di
scatto davanti al naso. Il boia era estremamente veloce e per la prima volta
appariva realmente pericoloso, il barbaro dal canto suo lanciò uno sguardo
d’intesa al compagno che ricambiò, la cosa non sfuggì al carceriere che diresse
nuovamente l’attenzione al primo, incontrando uno sguardo di sufficienza.
- Figlio di p…! - Jonas provò nuovamente a reagire ma un servo lo
zittì con un pugno nell’addome, all’altezza del fegato.
- Ma statte zitto a Jò! - Sbottò Artan - Tanto ‘sto cojone manco
er formaggio ce taglia -
Il boia ascoltò l’uomo legato che aveva davanti con l’espressione assorta
di chi sta soppesando qualche pensiero, o al contrario sta vuotando la mente.
Jonas strattonò con la spalla ma fu raggelato dallo sguardo severo del
superiore che pareva temere più dei loro carcerieri.
- Il tuo uomo non è capace di tenersi a freno. Che gli tolgo prima? I
tendini o la lingua?
Il barbaro sbuffò dalle narici come un toro - Jonas ‘un serve a gniente, se
voi l’erfo t’o’ do io, te basto io - Il boia ascoltò puntellandosi un
polpastrello con la punta del pugnale, sollevò le sopracciglia e soffiò le
parole:
- Ti credo e non ti credo
Uno dei servi afferrò Artan per il collo in modo da bloccarlo, il
torturatore si mosse di qualche passo e puntò l’arma sulla pelle del pettorale,
sotto la clavicola.
- Voi mi direte dov’è l’elfo, questo è poco ma sicuro, però… - Il
boia allargò un mezzo sorriso, scoprendo un canino con aria ferina - Non
subito, non c’è fretta
La lama penetrò con estrema fatica nella carne del barbaro, non aveva quasi
filo e tendeva più a lacerare che a tagliare propriamente, una volta dentro, il
boia rigirò la punta verso il basso cominciando a segare con dei movimenti
calmi e regolari mentre man mano che procedeva, un servo giusto di fianco a
loro, provvedeva a pulire il sangue con uno straccio per evitare di far perdere
la presa dell’elsa al proprio padrone.
Davanti agli occhi di Jonas la pelle dell’amico si lacerava lentamente
intorno al capezzolo fino a quando il macellaio non cominciò a strapparlo via con
un gancio. Gli occhi azzurri del soldato cominciarono a bagnarsi di lacrime di
paura e rabbia. L’espressione del boia durante l’operazione era goduriosa ma
sfumò nella sorpresa a vedere il volto del barbaro: Era immobile, freddo, con
un sorriso di sfida, il dolore era tradito soltanto dalle gote arrossate ed una
vena pulsante alla tempia, poi le parole: - So’ stato co’ na mignotta che
m’ha fatto de peggio.
Il boia inspirò profondamente senza dir nulla, poi annuì un paio di volte,
scrollò le spalle con noncuranza e si fece porgere una sorta di asticella
metallica che Jonas associò mentalmente ad un grimaldello.
- La musica - Mormorò soltanto il carceriere avvicinandosi
nuovamente al ferito.
Il servo che prima teneva Artan per il collo mollò la presa, al boia uscì
una risatina - Se ti muovi puoi morirci, quindi se proprio vuoi evitare
problemi puoi parlare, oppure mettere fine a tutto assecondandomi e morendo,
tanto c’è ancora il tuo amico - Ma entrambe le espressioni dei prigionieri
erano perplesse, non erano avvezzi a quel genere di trattamento in nessuno dei
ruoli e quel ferretto con le punte seghettate gli causava più curiosità che
timore vero e proprio.
- Noi non sappiamo dov’è l’elfo, e seppure lo sapessimo non ci lascereste
in vita, non dopo questo! -
Il boia si fermò e si volse a Jonas con espressione candida - Non c’è
niente di illegale, la nostra cittadina è in stato d’assedio dichiarato ed il
balivo ha istituito la legge marziale, se voi muoveste qualche accusa nei
nostri riguardi sappiate che vi abbiamo trattati come collaborazionisti umani
dei goblin, non sareste i primi, e finireste anche davanti al tribunale capitale.
Quindi vi conviene sorridere, annuire e baciarmi il culo finché mi gira, voi mi
direte dov’è quell’elfo, io mi divertirò un po’ con voi senza calcare troppo la
mano ed alla fine ve ne tornerete a casa con qualche cicatrice su cui inventare
una storia eroica.
Jonas si fece paonazzo, ma prima di sbottare qualcosa fu il vocione di
Artan a prendere il boia in contropiede - Ma come te credi forte a zì, damme
er tempo che er culo to’ metto n’faccia.
Il boia sobbalzò tenendo sempre l’attenzione centrata sul barbaro, si
avvicinò di scatto e gli diede un pugno per poi maledire la propria impulsività
agitando la mano indolenzita ed infilandosi un guanto di ferro borbottando - Questo
dovevo indossarlo prima!
Annuì ad un servo che tappò il naso del prigioniero fino a costringerlo ad
aprire la bocca per respirare, a quel punto il boia afferrò la mandibola
dell’uomo con la mano ferrata, rendendo inutile il morso. Come una piuma fece
volteggiare la punta dell’attrezzo davanti agli occhi del malcapitato
facendogli notare altri dettagli: Era circondato da minuscole molle
estremamente sottili che erano intervallate da giunture, sul manico era
possibile intravedere svariate levette. Il boia infilò lo strumento in una
narice dell’uomo e con la pressione di una levetta causò l’uscita di un ago che
gli trapassò la cartilagine, rilasciò il dito e l’ago tornò nuovamente al
proprio posto, cominciando ad insinuarsi nella cavità all’interno del setto
nasale.
- Mi raccomando, non muoverti, ed occhio a non soffocare con il tuo sangue
Una nuova uscì dalle fauci del boia che prese a girare e rigirare il
ferretto, tirare e rilasciare leve con dei suoni di molle ovattati dalla carne.
Artan non emise un suono ma le sue spalle avevano scatti simili alle convulsioni,
il sangue scorreva copioso dalle narici e faticava palesemente anche a
respirare, intervallando una tosse insistente che cercava inutilmente di
domare. Jonas era davanti all’amico pietrificato, entrambi incrociarono lo
sguardo e vide gli occhi del barbaro con le pupille strettissime che
cominciavano a lacrimare sangue e scoppiò di riflesso in un pianto disperato.
- Artan basta! Falla finita! Per forza il gradasso devi fare! Siamo
soldati e siamo pronti a morire, ma non questo! È finita amico mio, ti prego…
-
Un corno diede l’allarme generale, pochi secondi dopo un soldato di Khaywan
fece irruzione nella cella sbraitando contro il boia - Signore! Presto deve
correre dal balivo, è urgente!
Il macellaio si bloccò innervosito voltando il capo, estraendo l’attrezzo
di tortura in malo modo - Che succede ora!
- Ci attaccano, e non ne sono mai stati così tanti!
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