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domenica 3 febbraio 2019

Capitolo 3: Il Villaggio di Khaywan - PARTE 2


- Calma, Calma - Palindor teneva le mani in bella mostra sventolandole appena appena muovendo le dita libere, lo sguardo era fisso sulla punta sagomata del dardo di Jonas che già avvertiva passare la cotta di maglia come il burro. Il soldato di Khaywan restò per qualche secondo a fissare i due, che al contempo si scambiarono un paio di rapide occhiate fino a quando i muscoli si rilassarono.

- Non c’è bisogno di passare alle armi, elfo, saltimbanco o cos’altro, basta che non è un bandito e che voi di Hops garantiate per lui e per me non c’è problema - Bofonchiò il capitano mentre seguitava ancora ad avvicinarsi a Kafraghas che era intento a rivestirsi nuovamente da viaggiatore - E comunque, elfo, per me non c’è problema - Il soldato pronunciò quelle parole tossicchiando, le gote un po’ arrossate - Io non faccio tante distinzioni, cioè, come dire - Portò la mano dietro la nuca grattando nervosamente - Sono capace di vedere il bello in ogni dove, se qualcosa mi piace, ecco, mi piace! -

Jonas mise via la balestra ed adocchiò il prigioniero, aveva i denti serrati ed un sorrisone sornione. Kafraghas borbottò qualcosa e tirò dritto passando attraverso i due uomini in arme con qualche mannaggia a Jeppson di qua e mannaggia la colonna di là, raggiungendo il gruppo.

La compiacenza di Palindor nei confronti dell’inganno smascherato aiutò la compagnia a muoversi senza troppi intoppi, più avanzavano però, più il paesaggio sembrava cambiare. La contrastante marea verde che mescolava pianure e foreste ai piedi della catena montuosa rivolta ai territori prossimi ad Hops lasciò il posto a dei colori meno saturati, i fili d’erba tendevano a spezzarsi sotto le suole e rimanere schiacciati senza elasticità, mentre il terreno risultava più polveroso e facile da percorrere.

Ormai prossimi a Khaywan, si ritrovarono sotto un sole anemico nascosto dietro nubi stranamente scure, all’orizzonte pareva esservi un incendio che in tardo pomeriggio non si rivelò altro che le luci cittadine in lontananza, attorniate da una serie di canne fumarie alte come trabucchi che vomitavano nell’aria il loro carico di veleno. Quando Artan agganciò la catena i goblin erano già in bella vista davanti alle porte della città.

- Ahò ma che è, n’assedio - Scattò verso Palindor che però si limitò a scuotere il capo
- No, sono la “popolazione di riserva” - Si limitò a spiegare al barbaro

Kafraghas attraversò le porte affiancato da Jonas che quasi lo teneva sottobraccio senza però preoccuparsi di tenerlo sotto tiro, i bambini seguivano i due con aria intimorita restando nel perimetro disegnato dai soldati, quelli di Khaywan non parevano eccessivamente preoccupati dei goblin.

La città si presentava come un agglomerato urbano che tendeva a svilupparsi verso l’alto, le porte cittadine davano in un quartiere mercantile che era la bocca di comunicazione con il mondo esterno, al suo interno era facile vedere persone attorniate da guardie che davano vari comandi ai goblin. Gli esserini verdi, con la faccia furba e contraddistinti da un odore nauseabondo, non erano molto robusti fisicamente ma risultavano comunque adatti a svolgere ogni tipo di bassa mansione. Le guardie, tutti umani, erano particolarmente attenti sui movimenti di quelle creature e non lesinavano in scudisciate che a volte erano talmente gratuite che Jonas dovette trattenersi dal prendere a pugni un fabbro che era arrivato a tenere il goblin sotto lo stivale, la creaturina implorava perdono nella sua lingua strana e gutturale, ma l’uomo pareva essere sordo ad ogni compassione.

Successivamente passarono al quartiere residenziale, aveva un’architettura semplice e lineare, razionale ma di gusto, dava l’idea di grossi blocchi sviluppati in altezza in cui la vita poteva essere organizzata in maniera ordinata, l’unica pecca, a parte le scale da fare ovunque, era la sporcizia agli angoli delle strade che stonava in una zona che pareva essere riservata alla parte bene della popolazione.

Arrivarono infine davanti ad un edificio che li ospitò sotto un colonnato, un’ala era crollata e chiusa al pubblico mentre quella specularmente opposta pullulava di funzionari che parlavano freneticamente fra di loro mentre camminavano. Palindor fece un cenno ad Artan e questi si fermò, poi si lasciò andare in un sospiro - E va bene, andiamo a vedere se il tenente Felix è passato di qui prima di voi - Ed espirò con aria rassegnata mentre saliva il primo gradino, per poi voltarsi e congedare i suoi soldati.

- Artan per favore, intanto che controllo attendi qui, il Balivo vuole accogliere di persona ogni autorità esterna che giunge -

Palindor non attese risposta e sparì in quell’edificio, nonostante l’apparente sicurezza del luogo i bambini erano irrequieti, non solo per i goblin ma anche perché, sollevando il capo, videro che il quartiere residenziale era circondato da una cinta di edifici da cui partivano quelle altissime canne fumarie, la città sembrava una gabbia con delle sbarre nere.


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