- È arrivato il momento, andiamo a prenderlo!
Ma le streghe, andando per avvicinarsi alla botola, videro che il loro
prigioniero era libero ed assolutamente tranquillo e le aspettava tenendosi
appoggiato ad una credenza con il gomito. La casacca dell’elfo era parzialmente
slacciata fino allo sterno cadeva morbida infilandosi vaporosamente nei
pantaloni che erano stati tirati un po’ su nelle inguini, favorendo la mobilità
di un’anomala, gonfia ed ondeggiante erezione che puntava trasversalmente
appena verso il basso. Le megere puntarono subito, con enorme sorpresa, quella
strana condizione e Kafraghas notando lo sguardo, diede due colpi di bacino per
far ondeggiare il “batacchio”
- Tè tèèèèè, guardat ccà
L’elfo aveva un sorrisone soddisfatto e malizioso, intanto il suo corpo
continuava a muoversi facendo ondeggiare ritmicamente più di venti centimetri
di fallico all’interno dei pantaloni, al di sotto del quale aveva anche una
sorta di sacca di pari importanza.
- Tè tèèèè, teng nu cazz che è quant è sta
casa!
La megera con il capo completamente incappucciato allargò un braccio per
bloccare la sorella più grassa e quella col cappello rosso.
- Come hai fatto a liberarti -
Ringhiò la strega diffidente - Non
lasciamolo scappare! -
Kafraghas a quelle parole inarcò un sopracciglio e si tolse dalla credenza,
andando a portare le mani in avanti come segnale di calma
- We weee, signò, aspiett n’attim,
arraggiunamm n’ziem!
La più grossa andò a grattarsi la tempia con l’indice - Cos’è che sta dicendo? - Borbottò
insicura
- Non solo è scappato, vuole pure ragionare!
- Rispose l’incappucciata
- Sentiamo cos’ha da dire -
Aggiunse poi quella col cappello e con il multi-occhio a cuoricini sventolando
ambo le mani verso le sorelle
- Cosa vuoi dire prima che ti
incenerisca? - Incalzò la prima arrabbiata verso il prigioniero
- Allò - Tossicchiò Kafraghas - Ije m’aggiu liberato, vabbuò? - Con tono
calmo ed accomodante, guardandole a turno annuire
- Embè, stev abbasci a chillu
scantinat, invece e me ne fuì so rimast cà -
Le streghe annuirono di nuovo, effettivamente era rimasto lì invece di
scappare
- Ce stev chella fenestr n’gopp llà,
me ne fujev e me ne stev a cas tranquillo tranquillo, invece so rimast ccà -
Le megere si guardarono tra di loro rimbalzandosi la domanda fra gli
sguardi – è ovvio che l’elfo sarebbe potuto scappare dalla finestra nel
seminterrato.
- O’ sapite pecché? - Kafraghas colse quella domanda al balzo
attirandosi gli sguardi - Embè, me piacit
tropp assaje! –
- Ti piacciamo - Borbottò la
prima incrociando le braccia scettica, la sorella col cappello rosso saltellava
di gioia mentre la più grossa si fece strada fra le due indicandosi - Tutte e tre?! -
L’elfo annuì
- Ne deve scegliere una, non puoi
stare con tutte e tre! - Quella col cappello rosso cominciò ad
innervosirsi, rivolgendosi alla sorella cicciona
- E perché dovrebbe sceglierne solo
una? - Rispose quella col cappuccio
- Non è che “deve sceglierne una”
- Quella con il cesto di vimini in faccia si piegò in avanti - Ma deve scegliere QUELLA GIUSTA, vero, SORELLINA?
- Con visibile stizza, si rivolse verso la strega col cappello rosso che si
pose davanti alle sorelle
- Sono stata io a reclamare
quest’elfo ai miei piaceri per prima, è mio!, voi l’avreste semplicemente
mangiato per compiere il rituale in fretta e furia, mentre invece non è detto
che l’unione con lui nella carne debba avvenire per forza attraverso la digestione!
-
- Ogni rituale di evocazione prevede l’unione
per cannibalismo! - Protestò quella con la macabra collana
- Beh, però ha ragione, potremmo
provare, e nel caso non dovesse funzionare ci saremmo divertite, sono secoli
che.. – L’ultima lasciò la frase in sospeso, lasciando intendere
- WEWE - Esclamò Kafraghas mentre si strusciava lascivamente con
la protuberanza contro la credenza - Povera
piccerella, è nu sacc ‘e tiemp ca nun te faje na pellecchia? Vien addu l’elfett
tuoje, ce penz ije, T’PIAC O’
TOZZABANCON EH?! - Concludendo con dei bacetti soffiati.
- NON TI PERMETTERE! - La strega
col cappello rosso cominciò ad andare su tutte le furie mentre da ogni piega
del corpo fuoriusciva una sorta di vapore nero che gelava l’aria intorno a sé -
TU SEI MIO, E MIO SOLTANTO! -
Concluse muovendo qualche passo verso il prigioniero prima di venire
letteralmente incenerita sotto lo sguardo sgranato dell’elfo, davanti a cui
restò soltanto un mucchio di cenere con su poggiato il copricapo, i resti della
megera fecero da telone calato davanti alla strega più grossa che cominciò ad
incedere verso il prigioniero intanto che il suo potere saettava iracondo con
delle lingue di fuoco.
- Marònn! - Esclamò Kafraghas
facendo un balzo indietro
- Vieni qui! - Replicò la strega
con il cesto di vimini in faccia, dirigendosi verso di lui
- Smettila stupida! - Gracchiò
infine quella col cappuccio e la tetra collana, schioccando un incantesimo con
le dita che fece a pezzi la sorella rimasta -
Adesso me lo pappo io questo elfo! - e scoppiò in una crudele risatina
- Ma staje for! E ‘ccis a soreta!
- Kaf non sapeva più che pesci pigliare, si guardava intorno come un forsennato
alla ricerca di una via d’uscita quando, con suo sommo stupore, la strega con
il cappello rosso si ricompose dalle ceneri sotto il copricapo che la
caratterizzava. Questa si voltò verso la sorella e presa dall’ira le vomitò
addosso una melma verde che la sciolse, lasciando integra soltanto la collana.
- Amore, vieni con me prima che si
rigenerino, presto! - La megera cominciò a saltellare verso la sua preda ma
fu bloccata dal braccio mozzo di quella fatta a pezzi, sia per la stretta ed un
po’ anche per il sangue, cadde a terra. L’altro grosso e grasso arto prensile
si librò a mezz’aria partendo a razzo verso Kafraghas, questi riuscì a schivare
con difficoltà dato che fu colto alla sprovvista, optando infine per una fuga
disordinata in giro per la stanza con il braccio che gli stava alle calcagna.
La megera caduta a terra decise di rialzarsi e correre anche lei dietro
l’oggetto del desiderio, non ebbe bisogno di liberarsi, con un incanto non
pronunciato prese a saltellare con la gamba libera dietro l’elfo, mentre
l’altra intrappolata non faceva altro che allungarsi a dismisura rendendo la
scena ancora più caotica.
Kafraghas seguiva a correre con le lacrime agli occhi mentre il “batacchio”
artificiale celato nei pantaloni ondeggiava vistosamente, causandogli anche non
poco dolore date le imprecazioni rivolte continuamente verso il povero Jeppson.
- Sant’Antonij, San Pascàle, San Giusèpp, San Gennàr, San Giuànn -
Le invocazioni dell’elfo in quella situazione rimbombavano per tutta la sala,
la megera con il cappuccio si fermò a vagliare una rassegna mentale per cercare
di identificare quelle strane divinità anche se le altre due poco si curavano
di loro, quella col cappello rosso insisteva nel voler afferrare Kafraghas ed
intanto dietro entrambi si avvicinava l’imminenza della presa.
Ad un tratto, durante la corsa, l’elfo si slacciò le brache scoprendo un
pezzo di legno con due patate poste alla base, il primo fu afferrato e lanciato
verso la strega che lo inseguiva - ACCHIAPP
TE’, STU TOZZABANCON E’ DEDICAT A TE! - E la megera letteralmente si tuffò
a prenderlo per annusarlo, anche Kafraghas cadde inciampando sulla gamba
allungata della strega. Durante la caduta, l’elfo approfittò della posizione
frontale per lanciare le patate verso la strega fatta a pezzi, lasciando spazio
al braccio mozzo che non ebbe più ostacoli finendo a schiantarsi proprio in
faccia alla sua proprietaria. Il cesto di vimini colpito dalla manona andò in
frantumi e la strega cadde all’indietro, lanciò un urlo disumano udibile da
ogni parte della palude mentre le carni ribollivano e si scioglievano
scomparendo, le sue sorelle si fermarono e puntarono l’elfo che ebbe davanti a
sé lo scheletro carbonizzato di quel cesto che copriva il volto della megera.
- L’HAI UCCISA! -
Gridarono le due rimaste all’unisono.
Dapprima un grosso punto interrogativo si dipinse sul volto del prigioniero
- L’aggiu accis? - si domandò
perplesso, ma poi si ricordò di essere braccato e con decisione si tolse i
pantaloni tenendo lo sguardo affilato sulle streghe che si avvicinavano mentre
un’aura oscura, simile a del fumo, cominciava ad uscire dai pori della loro
pelle. Kafraghas mosse qualche passo indietro e si accovacciò, ma quando la
strega con l’occhio a bubbone gli corse incontro, l’elfo si alzò di scatto
tirando a sé la gamba allungata e facendo in modo di far cadere la megera
all’indietro, come con un contraccolpo. La manovra improvvisa fece volare il
copricapo rosso che si ritrovò a mezz’aria davanti al prigioniero che fu
colpito da un calcio in rovesciata dal collo del piede nudo elfico e spedì
l’indumento dritto nel calderone che bolliva.
Kafraghas ci aveva visto giusto, i danni che il liquido bollente infieriva
al copricapo si ripercuoterono sulla vecchia la cui pelle cominciò a diventare
incandescente, questa lanciò un grido di dolore disperato e finì addirittura
con il tuffarsi all’interno del calderone per cercare di recuperare il proprio
oggetto totem. L’elfo vedendo il risultato fu attraversato da un moto di gioia
- EVVAI! SO PROPRJ HAMSIKK! - ed
approfittò della distrazione dell’ultima avversaria per fiondarsi nuovamente
nello scantinato dov’era in gabbia.
- BASTARDO! MALEDETTO! – La strega
inveiva avvelenata, la nube del suo potere si era talmente espansa che tutta la
magione era immersa in una nebbia oscura. Ella ormai si muoveva senza nemmeno
camminare, levitando a mezz’aria avendo la parte inferiore del corpo che era un
tutt’uno con la manifestazione del suo potere oscuro. Davanti alla maga, una
volta scesa nel seminterrato, apparve la figura dell’elfo con il perizoma di
pelle in bella mostra che le faceva i gestacci con la lingua e tirandosi la
natica con una mano, visione che fece ancora più infuriare la megera che
scagliò un fulmine violaceo contro la sagoma mandandola in mille pezzi.
Una mano affusolata uscì dalle ombre andando a scippare la collana della
strega che stava ancora sorpresa dal vedere centinaia di pezzi di vetro sparsi
in giro, non ebbe modo di recuperare il proprio oggetto totem che Kafraghas
cominciò a sbattere quella collana col braccino mozzato in giro, contro le
travi di legno, ed insieme ad essa anche la strega prendeva colpi su colpi.
L’elfo poi si precipitò verso la tenda che divideva il magazzino, scoprendola -
Criaturi! Saglit n’gopp! -
I bambini non reagirono, stavano semplicemente imbambolati a guardare il
loro salvatore senza capire.
- Mannacci a Jeppson, comm se dice in
comune. Criaturi, guagliù, piccirilli, saglite n’gopp, fuitevenne, FUORA! - Indicando anche con la
mano verso le scale. I giovani prigionieri si fiondarono prima verso la botola,
poi restarono interdetti come se fosse la prima volta che vedevano la sala che
conteneva il calderone da cui ancora uscivano urla di dolore ed anatema. L’elfo
si mise a capo del gruppo guidando i ragazzini verso l’uscita mentre alle loro
spalle l’intera casa cominciò ad assumere le sembianze di un mostro
tentacolare. I piani superiori sembravano trasformarsi in una sorta di testa da
mollusco con la bocca fatta di spire con ventose ed ai lati si aprirono,
enormi, due ali di pipistrello. La nebbia dell’abitazione adesso copriva
l’intera creatura ed al centro di essa capeggiava l’ultima megera, Kafraghas si
girò un istante per vedere e se ne pentì, sia per la visione orribile, anche
perché stava andando a sbattere contro un’altra creatura dall’aspetto simile e
l’odore nauseabondo. Questa quando vide l’elfo schiuse le fauci come se volesse
attaccarlo nonostante avesse ancora la palla chiodata piantata nel cranio,
intanto il fuggitivo d’istinto lanciò la collana che teneva ancora chiusa in
una mano contro la nuova creatura cavalcata da Artan che cercava di far
rinvenire Jonas collassato per lo spavento e l’assurdità della situazione. Il
grosso soldato, troppo esterefatto nel visionare quella tela composta da un
mostro terribile, titanico e gigantesco sullo sfondo con in primo piano un elfo
in perizoma circondato da dei ragazzini, non si accorse che la sua cavalcatura
improvvisata cominciò a masticare ed ingurgitare l’oggetto totem della megera.
Distrutto anche il braccino, la vecchia cominciò a dissolversi come se non le
fosse più possibile tenere insieme la nebbia oscura, e con essa fece la
medesima fine anche il mostro mentre la magione sotto di loro cominciava a
crollare.
- WE, SCITET, AMMA FUI’ - Urlò
Kafraghas ad Artan esortandolo ad aiutarlo a caricare i ragazzini sulla
cavalcatura, il soldato si riprese accollandosi un paio di bimbi, spronando il
mostro che aveva fortunosamente addomesticato a correre via.
Nessun commento:
Posta un commento