All’alba era praticamente tutto pronto. Una dozzina di uomini, tenente
compreso, armati con corazze di cuoio, spada, scudo tondo, balestra leggera e
faretra con dardi alle cosce; di materiale più resistente solo un giustacuore e
l’elmo con la calotta, guanciale e nasale con annessa gronda in ferro. I
soldati erano disposti per metà su due carri coperti, per l’altra a cavallo
coprendo i punti cardinali. George ed Ugard viaggiavano sul primo carro insieme
ad una scorta mentre Kafraghas con il tenente e le altre guardie sul secondo.
Il prigioniero aveva il capo e quasi interamente il volto nascosti da un
cappuccio, le manette che stringevano i polsi contro i reni fermavano un
sacchetto di cuoio che obbligava l’elfo a tenere le mani chiuse. Seduto di
fronte vi era il tenente, aveva le rughe della fronte che facevano somigliare
la pelle ad intonaco crepato, gli occhi fissi erano umidi e sembrava non
sbattessero mai le palpebre, da seduto tendeva a stare con un fianco
leggermente piegato, che lo costringeva a puntare il gomito contro il bordo
dell’oblò rinforzato e l’occhio all’esterno.
Accanto Kafraghas vi era un militare della compagnia con un moncherino alla
mano destra, il guardabraccio sopra la menomazione era in ferro con numerose
cinghie ed alcuni gancetti nel mezzo, era sprovvisto di balestra ed uno scudo a
goccia che nonostante fosse agganciato sulla schiena risultava parecchio
ingombrante. Dopo un indefinito periodo di silenzio l’elfo inspirò profondamento
sollevando appena il mento e con sguardo fisso sul tenente cominciò a scandire
a modo suo delle parole.
- Aggia piscià -
Vi fu un rapido scambio di sguardi fra i due militari, nessuno però disse
nulla. Uno sbuffò dalle narici, l’altro deglutì con una smorfia, entrambi
ritornarono a scrutare pigramente l’esterno che veniva sospinto dalla carrozza.
- Eh, aggia piscià -
Lo sbuffo dei cavalli, il trascinarsi del carro, il clangore delle giunture
delle ruote che faceva eco ai rumori metallici dei soldati a cavallo, il
vociare di Geroge ed Ugard nella carrozza di fronte e lo sbadiglio del
cocchiere.
Il sole picchiava così forte da costringere gli animali al riparo, alcune
piante erano così bruciate da sembrare già essere baciate dall’autunno e
Kafraghas aveva perso la pazienza. Senza più insistere divaricò leggermente le
gambe facendo trasalire sia il tenente che il soldato mentre una chiazza
d’umido si allargava divorando i calzoni.
- Ma figlio di puttana! Fai proprio schifo! -
L’urlo del militare zittì anche i due eruditi nella carrozza dirimpetto ed
attirò gli sguardi incuriositi dei soldati - Non sembriamo una delegazione
statale - Borbottò il religioso sporgendosi dall’oblò con il naso
arricciato e lo sguardo fisso alla carrozza che li seguiva, lo studioso che gli
sedeva di fianco imitò il compagno di viaggio nello sporgersi - Ma perché ci
siamo fermati? -
La scena che videro era quella del soldato monco che scendeva tirandosi il
prigioniero per il colletto, a quella vista Ugard balzò fuori per raggiungerli
- Ma vi sembra il modo di trattare il nostro ospite? - Notando
l’espressione, il soldato ebbe un attimo di esitazione che fu però dissipata
dal tenente - Maestro, torni sul carro, ci pensiamo noi a questo schifoso
- Quelle parole non furono nemmeno pronunciate che incontrarono il tono più
deciso dell’accademico - Schifoso? Tenente questo è un elfo! Vi rendete
conto che potrebbe far riscrivere tutta la nostra storia con la sua
testimonianza? - Padre Goerge non si fece attendere - La sua testimonianza?
La scrittura sacra basta ed avanza, non c’è niente da riscrivere prima
dell’esodo! - Lo studioso si voltò per dare la faccia all’ultimo arrivato,
incalzando - L’esodo potrebbe non essere stato un esodo, se oltre gli oceani
gemelli vi fossero altre terre? -
- Un solo elfo Ugard! Non un equipaggio, inoltre non sappiamo nemmeno se
è quello che pensiamo -
- Non hai mai mostrato dubbi sulla natura del nostro ospite, adesso che
temi per le tue convinzioni ti stai ricredendo? -
- Abbiamo il dovere di restare con i piedi per terra! -
- Tu sei un chierico! Non sei mai stato con i piedi per terra! -
- Se è un elfo è anche una creatura divina! Le convinzioni DI CHI sono
in pericolo? -
- DANNATI I RE DEI DEMONI, I MARI GEMELLI E MIA MADRE CHE MI HA MESSO AL
MONDO! BASTA! - Esordì il tenente esausto peggio che al termine di una
campagna militare, optando per spingere di nuovo in carrozza il prigioniero,
premendogli con la mano contro la spalla senza attendere che metta nemmeno il
piede sul gradino.
Kafraghas scivolò e la sua caduta fu seguita da un sordo tonfo: Una freccia
si piantò nello sportello della carrozza.
Con un balzo repentino, il grassoccio maestro Ugard si fiondò nella
carrozza, aiutato dalla spinta di padre George che invece si limitò a sguainare
la bastarda. I soldati della guardia con un movimento fluido e veloce portarono
lo scudo a fargli ombra, senza variare la posizione e senza fretta non
necessaria durante l’esecuzione dell’automatismo. Il tenente chiuse la manona
intorno al fusto della freccia, estraendola senza troppo sforzo e saggiando la
base della cocca con il pollice poi inspirò e sollevò lo sguardo verso gli
alberi ma senza puntarne uno preciso.
- Scendi da lì, dimmi che vuoi, e forse tu ed il tuo amico vi salverete
-
La voce del militare aveva una tonalità alta, grattava le orecchie come
onde sulla scogliera per il suo timbro, ma più che minacciosa pareva seccata.
Dalle fronde non venne nulla, il prigioniero era muto, l’accademico invece
implorava il collega religioso, unico senza scudo, di rientrare. Il graduato
lasciò scivolare l’aria dalla bocca espirando pesantemente, muovendo un passo
in avanti.
- Non sei lì da molto, il tuo tiro è stato parecchio preciso quindi non
sei stanco. L’angolazione ti dà su quegli alberi ma non scoccherai di nuovo per
non rivelare la tua posizione precisa. Nessuna delle mie sentinelle ha visto
dove sei, bravo, ma solo uno, al massimo due uomini possono seguire una
compagnia di soldati senza essere individuati o destare sospetto, e l’altro, o
gli altri due, non soccheranno rischiando di farsi individuare specialmente con
la magra consolazione di prendere uno scudo o un cavallo sprecando l’effetto
sorpresa secondario, che comunque ormai sorpresa non è -
La fronte del militare si corrugò in una silente invocazione e terminando
poi con una smorfia di impazienza, la sua mano destra muovendosi come
sott’acqua si sollevò, e senza che nemmeno finisse di portarsi verso l’alto il
resto degli uomini si ritrovò con il teniere della balestra poggiato sullo
scudo, spronando i cavalli ad avanzare molto lentamente.
I soldati allargarono il perimetro parecchio prima di scambiarsi i posti a
sensi incrociati, in modo da avere sempre sott’occhio il commilitone che lo
precedeva, ma non trovarono nulla. Il capobrigata fece un cenno di diniego con
il capo, il tenente restò per qualche secondo in silenzio ispirando spazientito,
poi, dopo aver mormorato qualcosa, ordinò l’avanzata.
- Ormai è palese che ci seguono - borbottò al capobrigata dopo aver
calato il braccio ed accingendosi a rientrare - Prendi la mezzavia -
Prima di notte il convoglio riuscì a svincolarsi dalla foresta e discendere
un pendio che consentì alla compagnia di accamparsi per una nottata nervosa ma
tutto sommato tranquilla. Il giorno seguente fu impiegato a macinare l’enorme
prateria che avrebbe portato ad un fiume nei pressi di un sentiero che si
sarebbe dispiegato fra le montagne. Il tragitto scelto dal tenente allungò i
tempi di percorrenza di almeno una settimana, ma il sostare due notti in aperta
pianura tranquillizzò gli uomini e le due personalità statali che aveva in
custodia insieme al prigioniero, che dal canto suo dimostrava una certa
noncuranza sia per gli avvenimenti che lo circondavano sia per i futili
interrogatori di scienza e religione. Le fermate erano predisposte a circa una
mezz’ora abbondante prima del tramonto, durante la quale le guardie a difesa
del perimetro svolgevano una ricognizione veloce nei dintorni riservandosi metà
del tempo impiegato per ritornare ancora con la luce. La trasparenza dell’aria,
l’ampia visibilità della zona ed il particolare silenzio che a tratti calava,
rendeva particolarmente semplice identificare minacce esterne, cosa che però
non avvenne mai. Il gruppo arrivò all’ingresso del sentiero di montagna con una
stima di circa un paio di giorni di vantaggio rispetto agli inseguitori,
ammesso che vi fossero ancora. Il sentiero si inoltrava in una gola che era
assicurata ad ovest da una ripida e spigolosa parete rocciosa, mentre al lato
opposto, proseguendo, il sentiero cedeva in una lunga discesa verso una vallata
incasellata fra la catena rocciosa ed una pianura adiacente ad un lago che però
era impossibile scorgere da lì, mentre la serie di acquitrini che avevano ai
piedi, sebbene ancora parecchio lontani, erano ben visibili attraverso la
leggera foschia diurna.
- Un azzardo - Il maestro Ugard era scettico su quella decisione del
tenente, aprendosi durante una sosta con il capobrigata - In quella
situazione è tutto un azzardo - gli rispose quest’ultimo quasi in maniera
pavloviana - che fosse un tentativo di farci cambiare strada era palese,
chiunque ci ha attaccati conosce bene la zona, probabile che si aspettasse una
deviazione verso sud in direzione della carovaniera per prendere la strada
prima del previsto, oppure direttamente il rientro in caserma. Nel primo caso
sarebbe stato più facile tendere un agguato, nel secondo - una breve pausa
- Chissà, forse avevano già un piano per far uscire il prigioniero di cella,
ammesso che l'obiettivo sia lui -
Lo studioso restò perplesso - Come fate a dirlo? Nel senso, perché siete
così sicuri che volessero farci tornare indietro oppure farci battere una
strada semplice e conosciuta? - Il soldato accennò un sorriso - La
freccia - sospirò - L’hanno fatta ad Hops, stesso impennaggio, legno e
punta da caccia -
Quella sera i dubbi portarono Ugard in disparte, seduto sul ciglio del
burrone giusto dietro la curva che nascondeva il fuoco basso dell’accampamento
al prosieguo del sentiero. Tronco ricurvo sull’addome adiposo che faceva da
cuscino, ed una pipa da viaggio ricavata da una pannocchia.
- Ti è stato proibito fumare - Disse George andando a sedersi giusto
accanto a lui, mimando con la mano per rubare un tiro
- Sono state proibite tante cose - rispose lo studioso in un
sospiro, lo sguardo basso e la voce fiacca, i lineamenti all’ingiù come se vi
gravassero dei pesi
- Ci stai pensando anche tu, vero? - Esordì il chierico dopo un
lungo silenzio - Che è più grave aver ragione che torto? Che se quell’essere
insulso fosse davvero un elfo, l’esodo sarebbe reale, ma ben lungi dall’essere
la creatura divina e guardiana benevola degli avi -
Ugard soffiò lentamente del fumo dalle narici - Beh, i nani vi sono
ancora sebbene pochi e lontani, ed anche terre remote dove girano le tribù
pelleverdi, quindi perché non dovrebbero essere esistiti anche gli elfi? Mai
negati, è solo che non abbiamo mai trovato nien… -
Ad un tratto l’urlo di un soldato - METTETEVI AL RIPARO! -
E poc’anzi, altra voce conosciuta - MANNAGGI A JEPPSON! -
Infine il crollo, ed un pezzo di montagna che si portò giù uno dei carri.
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